venerdì 20 febbraio 2015


Antonino Russo 

Sono le sette e mezza del mattino, la città si è svegliata sotto una pioggia leggera. Raccolgo le ultime cose e raggiungo la Chiesa del Carmine.

Ad accogliermi c’è Nico Amandonico e dal viso un po’ stanco capisco che è lì da un bel pezzo: sta preparando alcune candele.

Salgo le scale tra le immagini antiche, ma sempre nuove, di perdùne e di simboli e di statue e raggiungo gli altri confratelli che si stanno preparando per l’adorazione.

Si parla di Settimana Santa, di percorsi della processione in questo 250° anniversario della donazione delle statue della Vergine e di Gesù morto da parte della famiglia Calò, si parla di attesa e si vive già l’attesa.

Con sorpresa trovo Claudio Capraro autore di pezzi molto interessanti sul Nazzecanne. Ci sistemiamo l’abito di Rito e spalla a spalla per la navata centrale raggiungiamo l’altare. Genuflessione e poi si è lì, di fronte al Santissimo Sacramento.

Dodici candelabri ai piedi dell’altare, come le tribù di Israele, sei a destra e sei a sinistra dell’Ostia Consacrata con decine di candele accese. Pezzi di cera che cadono interrompono il silenzio surreale che si è creato. Una preghiera è per Peppe Albano: non vederlo in questi momenti fa rumore nel cuore di chi lo ha conosciuto.

Un altro pensiero vola in Libia, alle minacce di chi dice di essere a “sud di Roma” e ai Santi Martiri di Otranto.

Sono diversi grani del Rosario recitati per mantenere il clima di preghiera perché a volte i pensieri rischiano di portarti altrove e anche Gesù nell’Eucarestia sembra dire: ancora una volta “non siete stati capaci di vegliare un’ora sola con me?” (Mt 36-40)

Il tintinnio delle medaglie dei Confratelli che si alterneranno da lì a poco, è il suono che indica la fine di questo momento di adorazione.


E’ l’occasione per ripromettersi più momenti di fronte a Gesù, momenti di silenzio, momenti di spiritualità che rischiamo di perdere nella frenesia dei ritmi quotidiani.