mercoledì 25 febbraio 2015

Luciachiara Palumbo

Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e convocarono intorno a lui tutta la coorte. Spogliatolo, gli gettarono addosso un manto scarlatto e, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo, con una canna nella destra; poi, mentre gli si inginocchiarono davanti, lo schernivano: ‘Salve, re dei Giudei!’ ".

A capo chino nell'ombra del portone si incammina lentamente verso l'uscita.

Ecco la seconda delle statue del Manzo, che arrivarono in treno nel 1901 giusto in tempo per essere portate in processione e che suscitarono tanta meraviglia e ammirazione nei confratelli e nei fedeli per la magnifica attenzione ai particolari. 

 Appare vergognarsi il Salvatore ma più che vergogna è la paura di essere giudicato, di essere schernito, di essere deriso.

Gli occhi volti a terra non mostrano rassegnazione, non mostrano sconfitta. Medita e serba tutto ciò che accade e quell'intima preghiera col Padre non cessa nonostante non cerchi più il suo volto glorioso nei cieli.

Nella piazza davanti agli occhi di tutti si ode "Ecco l'uomo". Ecco l'umanità del figlio di Dio in tutta la sua completezza. Ma in sé per sé anche questa presentazione è un insulto. Si tenta così di esaltare l'impossibilità di un essere divino che corpo umano. 

Un re uomo, un re guerriero, un re superbo, un re ambizioso, il Re dei giudei non Cristo, non un re buono o il re dell'universo. 

Quel manto rosso che poco ricopre la sua nudità, quello scettro umile creato con una canna e quella regale corona di spine… Ecco l'uomo… Lo sguardo in basso allora che valore ha? Il bel Gesù lo sa, il mondo non sta comprendendo… "O Padre perdonali perché non sanno quello che fanno"