martedì 17 febbraio 2015

Valeria Malknecht

“Più scura la notte, più luminose le stelle,
 più profondo il dolore, più vicino è Dio!”
 (Fëdor Dostoevski)

Avete presente quel particolare odore che si sente subito dopo aver varcato la soglia di una chiesa?

È un odore misto di incenso, candele consumate e fiori.

Se il marmo avesse un odore, se le statue avessero un odore e se il sacro avesse un odore, sarebbe proprio questo…e si percepisce anche quando l’incenso ed i fiori in chiesa non ci sono.

Mentre entro in chiesa per la “mia” adorazione al SS. Sacramento in occasione delle Solenni Quarant’ore, sento quest’odore che mi avvolge.

È strano da spiegare, ma è come se mi invitasse alla preghiera, al silenzio, al raccoglimento. Quando tutto intorno è fermo immobile e ci si accorge di ogni piccolo particolare, anche olfattivo.

È l’occasione giusta per fermare il mio mondo, per staccare dai pensieri e dal lavoro che ultimamente mi sta portando a trascurare tante cose.

È il momento di dare importanza all’odore della chiesa, al rumore dei passi di chi è in chiesa, al suono gentile delle ginocchia che si piegano, alle labbra che si muovono in preghiera senza però emettere alcun suono.

Mi inginocchio davanti al SS. in segno di saluto, indosso il mio Scapolare e mi siedo ai primi banchi.

Tutto intorno è silenzio … sono quasi le undici di sera e l’atmosfera che respiro è a tratti magica, di certo inusuale.

Si è soliti associare l’immagine di una chiesa di notte al tetro.

Per me, invece, questa è l’occasione ideale per pregare. Di notte, quando fuori la città sta per andare a dormire e la chiesa non è affollata come al solito.

Perché la notte è intimità, l’intimità è preghiera, la preghiera è dialogo. Con Dio che è lì davanti a me e con me stessa.

Il tempo di quaresima è qui, ad un passo da me e lo sento arrivare davvero.

È nel suono dei rosari dei confratelli che, alle mie spalle, avanzano verso l’altare per darsi il cambio con gli altri che già da tempo sono in preghiera davanti al Santissimo.

Mentre osservo rapita l’altare, che è illuminato da tantissime candele, il suono delle medaglie dei rosari squarciano delicatamente quel silenzio.

Scandiscono un passo lento, ben definito, che presto sarà nazzecata.

I guanti bianchi sfioreranno quei grani ed in quei grani, nel dialogo con Dio, ognuno cercherà le proprie risposte.

Mi accorgo che in molti, come me, hanno scelto la notte.

E, guardandomi attorno, penso che è bello condividere questo momento di religiosa intimità con un amico o una amica fraterni, con la propria compagna o con il proprio compagno.

Resto ferma, immobile, ed è in questa staticità che mi accorgo di quanto io sia complicata ed “incasinata” e di quanto io abbia bisogno di questo silenzio.

Prego e penso alle persone che amo e che non sono qui accanto a me ora.

Prego per loro e per me stessa.

Ringrazio e chiedo perdono.

Mi interrogo sui miei errori, sulle occasioni mancate e su cosa io possa fare per migliorarmi.

Questo clima di raccoglimento mi costringe a dare ascolto ai pensieri, a quelli che normalmente fuggo nella quotidianità perché “ci penserò poi, ora non ho tempo”.

Intanto, osservo l’abito di rito dei confratelli, sento l’odore della cera e le mie dita “giocano” con il rosario che ho fra le mani.

La mia amica Annamaria, che è qui accanto a me, mi accenna un sorriso. Mi sento bene.

Dovrebbero esserci più occasioni come questa per pregare “in notturna”… ed è subito Quaresima.


LE FOTO DELL'ARTICOLO SONO DI F.CARBOTTI- PORTODIMARETER