mercoledì 22 gennaio 2014

Antonello Battista


Nella libreria di un Confratello che si rispetti, non possono mancare le opere dell’indimenticato Nicola Caputo, vero e proprio faro per chi come noi pone nella passione per i Riti della Settimana Santa un motivo di crescita e arricchimento culturale. Nicola Caputo è stato l’unico che in tempi non sospetti, ha messo ordine e ha dato un fondamento storico alle mille e più leggende circolanti sui Riti Tarantini, ponendo fine col suo lavoro di incessante ricerca alle più sciocche superstizioni e mettendo a tacere le più insinuanti maldicenze sulle tradizionali “gare”, ancor oggi ahimè, oggetto di un ipocrita e bigotto dibattito cittadino che, a mio parere, ha quel non so che di voyeuristico e delatorio.

Rileggendo il suo libro “Il Cammino Del Silenzio” edito dalla Scorpione Editrice di Taranto nel 2002, mi sono più volte soffermato a riflettere sul contenuto del quinto capitolo intitolato: “il Crocifisso dei Misteri o i misteri del Crocifisso?” e vorrei dunque nel mio piccolo omaggiare il nostro indimenticato Priore Emerito ponendo all’attenzione dei lettori di “Nazzècanne Nazzècanne” alcuni temi affrontati nel suddetto capitolo, che sicuramente molti di voi non conosceranno o sui quali non v’è chiarezza in merito.

Conosciamo pressoché tutto delle statue che compongono la processione dei Misteri, di Gesù Morto e dell’Addolorata si conosce benissimo la storia della Donazione di Don Francesco Antonio Calò e la loro provenienza Napoletana, sui “Tre Fratelli” del Manzo è stato addirittura scritto un libro, sempre di Caputo, sul Cristo all’Orto abbiamo altrettante confutate informazioni su autore (S. Sacquegna), donatori (fam. De Leonardis) e anno (1924). Nulla si sa invece sul Crocifisso che tralasciando la Sacra Sindone, un simbolo più che un simulacro, è stata presumibilmente la prima statua ad essere aggiunta alle due donate dai Calò. Si ma quale Crocifisso fu aggiunto? Sicuramente non l’attuale e il motivo è appunto spiegato da Caputo ne “ Il Cammino Del Silenzio” .

L’autore ci riporta indietro nel tempo nel 1814, anno della Restaurazione e della caduta dell’ Impero Napoleonico, e sulla “querelle” sorta in quell’anno tra la Confraternita del Carmine ed il Canonico Pietro Gigante rettore della Chiesa allora intitolata a San Napoleone, ovvero Monteoliveto, in Città Vecchia. (Sull’insolita intitolazione consiglio la lettura integrale del capitolo nel quale Caputo riporta la curiosa cronaca degli eventi storici riguardanti la Chiesa degli Ex Olivetani). Oggetto della lite era il Crocifisso Miracoloso, oggi conservato nell’omonima Parrocchia, che faceva gola a molti in quanto le offerte lasciate dai numerosissimi fedeli che lo visitavano potevano rimpinguare le casse di qualsiasi Rettoria o Casa Canonica. In quegli anni, il Crocifisso era stato collocato nella Chiesa del Carmine dopo l’editto Napoleonico che prevedeva la chiusura dei conventi e la soppressione degli ordini religiosi. L’antica dimora del Crocifisso Miracoloso era infatti la Chiesa di Sant’Antonio nel convento dei Francescani Riformati, che una volta sciolti per effetto dell’edito succitato trovarono come dimora per la sacra effigie proprio la chiesa dei Carmelitani. 

Nel 1814 per l’appunto, alla riapertura dei conventi i padri Francescani chiesero indietro il Crocifisso. Ma i Confratelli del Carmine ormai particolarmente devoti al simulacro, opposero qualche resistenza alla richiesta, perciò a dirimere la controversia fu chiamato l’Arcivescovo Mons. Capecelatro, assente in quel periodo da Taranto, che incaricò il suo vicario di fornirgli adeguate informazioni e carteggi affinché egli potesse correttamente giudicare la questione. Fin qui niente sembra particolarmente anomalo, se non che l’incaricato vicario fosse proprio detto Canonico Gigante Rettore di Monteoliveto, che suggeriva all’Arcivescovo di traslare l’immagine sacra come accomodamento tra i due litiganti, proprio nella sua Chiesa. 

L’opera di convincimento fu portata avanti con dettagliato carteggio tra il Presule e il Canonico che alludeva, contro i Confratelli del Carmine, a particolari insinuazioni di “condotte poco convenzionali” per spronare il Vescovo ad accondiscendere ai suoi consigli molto poco disinteressati. Insomma cambiano i tempi ma le lingue biforcute sono l’unica cosa che non passa mai di moda! 

C’è una parte di una missiva del Canonico che a noi interessa particolarmente, perché tra le varie ragioni che il Reverendo adduceva pro domo sua vi era quella che già (cito le parole del documento originale) “per due Fiate all’anno e per dieci giorni per ogni fiata (il Crocifisso n.d.r.) era ospite della d. Chiesa del Carmine” e che era quindi inopportuno ripetere questo compromesso poiché a detta del Canonico i Confratelli si erano resi autori di episodi poco edificanti. Questa precisazione del Gigante ci fa desumere dunque, che una di queste due volte nell’anno in cui in cui il Crocifisso era ospite presso il Carmine, fosse proprio durante la Settimana Santa e che il Crocifisso aggiunto alle statue storiche del Gesù Morto e della Addolorata nella processione dei Misteri fosse proprio quello Miracoloso e che per giunta questa era forse la ragione per la quale, i Confratelli del Carmine erano così poco disponibili al trasferimento del simulacro dalla loro Chiesa. 

I calcoli dell’ “operoso” Canonico Gigante riuscirono bene, poiché il Vescovo acconsentì alle sue richieste e ordinò su suo consiglio un “giro” di Crocifissi: quello Miracoloso doveva essere portato a Monteoliveto, quindi nella “antica casa” del Crocifisso, la Chiesa di Sant’Antonio, doveva essere posto un Crocifisso traslato dalla Cattedrale, mentre nella Chiesa del Carmine doveva essere collocato il Crocifisso della Chiesa dei Teresiani, ovvero la ex Chiesa di San Giovanni di Dio. Documenti ufficiali tuttavia che attestino la reale presenza in passato del Crocifisso dei Misteri nella allora Chiesa di San Giovanni di Dio e l’avvenuta traslazione, non ce ne sono e più volte Caputo nella sua opera richiama al beneficio del dubbio, ma d’altronde non ci sono elementi per screditare questa tesi e pensare che le disposizioni del Vescovo Capecelatro non fossero state osservate.

Possiamo dunque con queste informazioni aggiungere un altro tassello al mosaico storico della processione dei Misteri, affermando al termine della nostra analisi sull’opera di Caputo, che con tutta probabilità il nostro splendido Crocifisso dei Misteri proviene dalla ex Chiesa di San Giovanni di Dio (l’odierna Parrocchia del S.S. Crocifisso), a dimostrare un’ulteriore legame con questa nostra Parrocchia Sorella nel carisma e nella Vicaria. Notizie certe sull’autore e sulla provenienza della statua purtroppo ancora non ce ne sono, ma può darsi che più in là negli anni qualche altro ricercatore ed appassionato di tradizioni tarantine, magari Confratello, ci possa riservare la gioia di scoprire fonti storiche riguardanti il nostro meraviglioso simulacro.