martedì 14 gennaio 2014

Valeria Malknecht

Si sa, a Taranto la fine del periodo natalizio coincide nei fatti con l’inizio immediato della Quaresima.

Non c’è niente da fare, è così.

Sebbene al 5 marzo manchi ancora un bel po’ di tempo, inizia a concretizzarsi l’idea che la prossima tappa, il prossimo immancabile appuntamento, è quello della Settimana Santa.

“Riuscirò a vestirmi quest’anno?”.

“Speriamo che il tempo ce la mandi buona, non c’è da fidarsi del mese di Aprile…vabbè che peggio dell’anno scorso forse non può andare e siamo stati anche fortunati…”.

Questi sono i pensieri che iniziano a martellare senza sosta nella testa dei confratelli.

Come se la tanto amata e sospirata gara della Domenica delle Palme (quest’anno ancora più sentita) fosse talmente vicina che non c’è tempo da perdere, bisogna far quadrare i conti, organizzare le squadre ed attendere che tutto arrivi presto ma con l’augurio che, allo stesso tempo, tutto passi nel modo più lento possibile.

E fin qui, nulla di nuovo, potrebbe dire qualcuno. Sono le solite riflessioni di un confratello che, appena passato il Natale, è già proiettato verso la Settimana Santa.

Ma cosa pensa la donna tarantina di tutto questo?

Si sente coinvolta, se ne frega (dopotutto, natale con i tuoi, pasqua con chi vuoi…), quali sensazioni prova?

Parlo della donna questa volta, non necessariamente della consorella, che sia legata ad un confratello.

Mi riferisco alla madre, alla moglie, alla fidanzata, alla figlia, alla sorella, alla migliore amica.

In fondo, chi di noi non si rispecchia in uno di questi ruoli e non si ritrova ad emozionarsi accanto ai propri incappucciati.

Colei che già per personale fede e tradizione è legata ai nostri Riti, ancor più profondamente li vive se il proprio compagno o il proprio padre è in prima persona parte attiva di essi.

Certo, non si può negare che Confraternita e Settimana Santa siano un binomio tutto al maschile.

Solo voi sapete cosa mai si può provare ad indossare quell’abito, a nazzicare accanto al vostro migliore amico, a perdere perfino il sonno tanto forte è il desiderio di aggiudicarvi un simbolo o una posta.

Quei momenti sono giustamente solo vostri e come tali meritano di restare intoccabili.

Ma è pur vero che la Settimana Santa è fatta anche delle vostre donne. 

Siamo figure che restano in secondo piano, nell’ombra, ma costantemente presenti, ciascuna a modo proprio.

Siamo le preghiere e la fede lungo il pellegrinaggio, le lacrime che condividono e custodiscono un’emozione, le mani che con cura stirano camici, rammendano cappucci e smacchiano mozzette.

Siamo gli sguardi che cercano di incrociare i vostri, nascosti, per farvi capire che vi sosteniamo.

Siamo lo scatto fotografico rubato di un bimbo che tocca il bordone di un padre incappucciato e fiero, perché sa di stare costruendo per lui e con lui un prezioso ricordo.

Siamo donne che sanno restare in disparte, pur sentendosi coinvolte.

E, perché no, siamo anche quelle che cercano di comprendere e “sopportare” le vostre assenze e che partecipano alle vostre preoccupazioni, amandovi anche per questo.

Perché la Settimana Santa è anche la condivisione di un sentimento. E se si ha qualcuno da seguire in processione quell’attesa, quei giorni, sono ancora più completi e speciali, perché vissuti insieme.

L’amore di una donna verso i nostri Riti, dunque, si manifesta non solo attraverso la preghiera, la devozione verso l’Addolorata o l’espressività disarmante del volto di quell’Uomo che cade sotto il peso della croce.

Il legame di una donna verso queste tradizioni, perché no, può nascere anche per il vostro tramite, cari confratelli; voi che con fede e intima passione ne siete artefici e cuore pulsante.