Corriere del Giorno, Giovedì Santo 2012

Sono le 15 in punto del Giovedì Santo quando finalmente, dopo un lunghissimo anno di attesa, si aprono i due ingressi della Chiesa del Carmine: la Prima Posta di Città Vecchia e la Prima Posta di Città Nuova, danno inizio al rito del Pellegrinaggo agli Altari della Reposizione, la parte visibile della Settimana Santa è iniziata.
I Confratelli vestono l’abito di rito della Confraternita del Carmine: un sacco bianco, simbolo della veste battesimale; lo Scapolare del Carmelo, nero con le scritte ricamate in azzurro: Decor Carmeli; la mozzetta color crema con i bottoncini neri; il cappello nero bordato di azzurro, il cappuccio bianco a coprire il viso. In una mano reggono il bordone, nell’altra, nascosta sotto la mozzetta, una grande corona del Rosario. Avanzano scalzi, a coppie.

Fra i tanti esempi possibili, ricordiamo come il Serafico Padre san Francesco mandasse i suoi frati in giro per il mondo, sempre in due: ogni frate aveva il suo comes, il compagno di viaggio. Anche Giotto, nel celebre ciclo della Basilica Superiore di Assisi, non manca mai di raffigurare, insieme a San Francesco, il frate che lo accompagnava.
Ogni coppia di perdùne è tradizionalmente chiamata “posta”. Con ogni probabilità il termine, che ci è consegnato oralmente sin dagli inizi, senza soluzione di continuità, fa riferimento al significato tradizionale di “fermata”, “sosta”, e per estensione, tutta quella parte di preghiera compresa fra due termini: una posta del Rosario, una posta, o stazione, della Via Crucis; la posta di un Pellegrinaggio era la statio liturgica all’inizio o durante il cammino.
E anche i nostri perdùne, nel loro pellegrinaggio, sosteranno più volte per adorare il SS.mo Sacramento solennemente custodito nei Repositori nelle chiese dove si sarà celebrata la Messa in Coena Domini: la Cattedrale di San Cataldo, San Domenico e San Giuseppe nel Centro Storico, e San Francesco da Paola, SS.mo Crocifisso e San Pasquale Baylon, nel Borgo umbertino. Il giro si concluderà poi per tutte le poste, con l’adorazione nella stessa Chiesa del Carmine.
È un rito, quello del Pellegrinaggio dei Confratelli del Carmine, in cui confluiscono due tradizioni diverse: il pellegrinaggio eucaristico raccomandato a tutti i fedeli nella sera del Giovedì Santo, giorno dell’istituzione dell’Eucaristia, e il tradizionale giro delle Sette Chiese che, ab immemorabili, i cristiani di Roma e i pellegrini dell’Urbe compivano recandosi in successione nelle quattro Basiliche Patriarcali oltre che in San Lorenzo fuori le mura, Santa Croce in Gerusalemme, e San Sebastiano. Il pellegrinaggio, caduto in disuso al termine del Medioevo, fu ripreso da San Filippo Neri nel 1552.
E anche i nostri perdùne, nel loro pellegrinaggio, sosteranno più volte per adorare il SS.mo Sacramento solennemente custodito nei Repositori nelle chiese dove si sarà celebrata la Messa in Coena Domini: la Cattedrale di San Cataldo, San Domenico e San Giuseppe nel Centro Storico, e San Francesco da Paola, SS.mo Crocifisso e San Pasquale Baylon, nel Borgo umbertino. Il giro si concluderà poi per tutte le poste, con l’adorazione nella stessa Chiesa del Carmine.

Perché sette chiese? Alla già ricchissima simbologia biblica e liturgica legata al numero sette, si aggiunge un particolare legato alla passione del Signore: secondo i racconti evangelici, erano sette i viaggi compiuti da Gesù fra il Giovedì e il Venerdì Santo: dal cenacolo al Getsemani, dal Getsemani alla casa di Anna, poi alla casa di Caifa, da questa al palazzo di Pilato, da qui a quello di Erode, poi ancora da Erode a Pilato, e per finire dal palazzo di Pilato al Calvario. Sette dunque le “poste” di questo cammino romano che, ben presto i Sommi Pontefici dotarono di speciali indulgenze per i pellegrini che lo avessero compiuto devotamente. Le stesse indulgenze che il beato papa Pio IX, nel 1875, volle estendere proprio ai nostri Confratelli del Carmine, come se anche loro compissero, qui a Taranto, il giro delle Sette Chiese.

I nostri perdùne sono pellegrini per le nostre strade, e dei pellegrini medievali vestono ancora oggi le insegne. Ma sono anche Confratelli che, come gli altri fedeli, si recano in visita al Santissimo Sacramento custodito negli altari della Reposizione, quelli che una lunghissima tradizione ci ha abituato a chiamare “Sepolcri”. Oggi si preferisce la più corretta dicitura di Repositori, ma ancora fino alla riforma dell’Ordo liturgico, dopo il Concilio Vaticano II, anche i libri ufficiali di liturgia spiegavano che gli altari della Reposizione ricordavano anche il Sepolcro del Signore.

Un universo di simboli, un carico prezioso di storia sacra, devozioni e tradizioni: ecco cosa rappresentano i nostri perdùne, cosa significano e cosa esprimono nei loro gesti, nei loro abiti, nelle loro movenze che vengono da un lontano passato, e, dopo aver scavalcato nei secoli le mode, i materialismi e i secolarismi di ogni colore, continuano a parlare ancora forte ai cuori dei fedeli nel nostro presente.