lunedì 27 gennaio 2014

Valeria Malknecht

La nostra Settimana Santa dura trecentosessantacinque giorni.
Il calendario la circoscrive a poche ore dell’anno, ma per noi dura molto di più.
La Settimana Santa si prepara.
E, per gli addetti ai lavori, preparare significa occuparsi di tutto quello che ruota attorno alla processione e che deve essere organizzato in concreto: pensare alle bande, decidere il tema del “Sepolcro” e curarne la realizzazione, scegliere l’immagine adatta a diventare il manifesto annuale e  tanto altro ancora.
Ma cosa ancora più importate è che alla Settimana Santa ci si prepara.
Ognuno ovviamente cura la propria preparazione spirituale come vuole e come può, ma c’è un appuntamento durante tutto l’anno che da un lato, ci offre un’opportunità di preghiera; dall’altro, diciamocelo, ci aiuta a sopportare l’attesa.

Ed è così che ci ritroviamo in Chiesa insieme.
All’organo qualcuno rispolvera le note di qualche marcia, anche se è solo gennaio.
Qualcun altro prepara la troccola e si premura che tutto sia in ordine.
I primi banchi sono quelli di solito più pieni e molti restano in piedi vicino all’organo, per assicurarsi di vedere per bene ciò che sta per accadere.

È la cerimonia del Cristo Morto che si tiene ogni giovedì sera alle 20.30 alla chiesa del Carmine.
Si tratta di una breve ed intima funzione che racchiude in sé ciò che per noi è la Settimana Santa: un giusto connubio fra fede e tradizione.
Infatti, durante la prima parte di questa cerimonia, il sacerdote medita su un passo delle Sacre Scritture (quest’anno è stata scelta la Seconda lettera di San Paolo Apostolo ai Corinzi), le attualizza e invita a riflettere su come poterle mettere in pratica nella nostra vita di tutti i giorni.
A questo proposito, ci propone un fioretto da fare per l’indomani ed in questo modo ci ricorda con quale animo dovremo vivere il tempo di quaresima ed il significato dei venerdì che precedono il Venerdì Santo.

Terminato questo momento di riflessione, ecco che la preghiera si veste di tradizione.
I nostri occhi sono rivolti all’altare che si trova al lato sinistro della Chiesa, proprio davanti a quello della Titolare.
Ai piedi di quell’altare, dietro ad una tenda ricamata d’oro, riposa il simulacro del Cristo Morto e, accanto a Lui, su di un cuscino rosso di velluto, c’è la Troccola.
Ogni giovedì, un confratello ed una consorella scelti per estrazione, hanno il compito di accompagnare il momento di preghiera: il confratello suonerà la troccola e la consorella accenderà e candele e scoprirà piano piano il prezioso simulacro.

Il silenzio verrà finalmente interrotto da quell’inconfondibile suono. Non a caso uso il termine  “finalmente” perché tutti attendiamo di sentirlo.
È un suono carico di significati: è quello che apre la Processione dei Misteri così come è il suono di liberazione, di gioia e di orgoglio che segue il momento dell’aggiudicazione della troccola ed attraverso cui il confratello realizzerà davvero di aver esaudito un sogno. Quel legno e quei battenti gli daranno il ruolo di Troccolante e per qualche ora diventeranno il naturale prolungamento del suo braccio. L’uomo e la troccola saranno l’uno strumento dell’altro lungo il cammino.

Ebbene quel suono, durante la funzione del Cristo Morto del giovedì, diventa più quotidiano e quello strumento così ambito, più accessibile.
Perché per pochi minuti, ogni giovedì, ciascun confratello potrà provare l’emozione di essere un po’ il troccolante e di generare quel suono tanto caratteristico.
Ed ogni giovedì ciascuna consorella, potrà avere l’onore di essere così vicina a quella statua, tanto da riuscire a guardarla negli occhi. E chi quella statua l’ha vista da vicino, sa bene che gli occhi del Cristo sono solo socchiusi...

Lo scorso giovedì, quel confratello era mio padre e quella consorella ero io.
C’ero io accanto a quella statua e, a pochi passi da me, a suonare la troccola c’era mio padre.
Un’emozione dentro l’altra, difficili da descrivere.
È stato un momento di preghiera reso ancora più intenso, perché ai piedi di quel Cristo c’erano un padre ed una figlia legati nel sangue a quel suono e a quel simulacro.
La persona che da piccola mi aveva fatto conoscere i nostri Riti e che mi aveva trasmesso l’amore ed il rispetto per le nostre tradizioni, era lì con me ed insieme le abbiamo fatte vivere.
Quello che molto tempo fa era stato un giovane padre che teneva per mano una bimba incuriosita ed un po’ intimorita da quegli strani incappucciati, ora è un confratello che continua a tenere per mano   nella vita una consorella, non più tanto bimba.
Magari non riusciremo mai a nazzicare insieme, è vero.
Ma l’emozione provata lo scorso giovedì, quella sì che l’abbiamo vissuta, insieme.

La troccola ha smesso di suonare ed ecco, è tornato il silenzio: ognuno rivolgerà i propri pensieri e la propria preghiera a quell’immagine e tornerà a casa con quel suono e quell’immagine nella testa.
Ogni giovedì sera, nella chiesa del Carmine, riviviamo uno scorcio di quella che sarà la nostra Settimana Santa.
Lo scorso giovedì, però, nessuno me ne voglia, l’ho sentito particolarmente mio perché il suono di quella troccola è stato davvero familiare.
Anche questo è la Cerimonia del Cristo Morto del giovedì.

Anche questo è Settimana Santa.