venerdì 17 gennaio 2014

Antonello Battista


Nulla nella vita di un confratello fa sperare, desiderare e palpitare come il noviziato.
Il noviziato è un’istituzione obbligatoria secondo quanto dettato dallo statuto diocesano delle confraternite, che prevede la frequenza di un corso della durata di un anno pastorale per tutti gli uomini e le donne che intendano iscriversi ad un pio sodalizio.

Ogni confratello ha vissuto il suo e ognuno l’ha vissuto in maniera particolare, facendo il conto alla rovescia e contando i giorni mancanti dal fatidico 16 Luglio, giorno della professione dei nuovi confratelli e delle nuove consorelle, sognando il momento in cui, vestito solo con un semplice camice bianco, avrebbe ricevuto sulle spalle lo scapolare e la mozzetta, simboli dell’appartenenza alla famiglia carmelitana.

L’amministrazione Papalia ha fortemente incardinato il noviziato tra i punti fondamentali per la rinascita della nostra confraternita, considerandolo come una fucina per le coscienze cristiane dei futuri confratelli e curando nei dettagli la preparazione catechetica dei novizi e la conoscenza della vita confraternale.

A dimostrazione dell’ottimo lavoro svolto e dell’efficacia di questi ritrovati “metodi educativi” ci piace proporvi le parole di Pietro Pozzessere, un novizio del corso di quest’anno sociale che in un’amichevole chiacchierata ha condiviso con noi di “Nazzecànne Nazzecànne” le sue emozioni ed aspettative.

Visibilmente emozionato al pensiero del giorno della sua professione, Piero alla domanda sul perché ha deciso di diventare un confratello del Carmine ha risposto cosi:
“Sin da bambino, pur non avendo una tradizione familiare alle spalle, sono sempre stato affascinato dalla solenne figura dei perdùne, dal loro incedere e dai loro piedi scalzi, che indicano sofferenza e penitenza e che inducono soprattutto i più piccoli alla riflessione sul perché questi fedeli compiano con così ardente naturalezza un gesto impensabile per molti”.

Ha continuato il nostro amico Piero:
“Per molto tempo allontanatomi dalla vita di fede, ho allontanato anche la mia infantile meraviglia nei confronti di quei pellegrini incappucciati, ma in un momento particolare della mia vita in pegno ad una promessa fatta ad un mio caro parente, ho deciso di riavvicinarmi alla fede e non poteva esserci mezzo migliore se non quello di diventare un confratello del Carmine”.

Sul suo parere personale riguardo l’utilità del corso di noviziato da lui quest’anno frequentato, ha entusiasticamente affermato:
“In Casa Confraternita si respira un’aria familiare, mi sento già uno di loro, apprezzo tantissimo la vicinanza di Don Marco a noi novizi non solo in senso spirituale e catechetico, ma anche umano. Sono entusiasta dell’iniziativa della preghiera al “Gesù morto” del Giovedì, emozionante nella sua liturgia, alla quale noi novizi partecipiamo attivamente prima di salire nel salone per la consueta catechesi tenuta dai maestri dei novizi e da Don Marco stesso”.

La nostra conversazione con Pietro si è conclusa coi nostri più sinceri auguri per la futura professione e per una vita serena, domandandogli quali fossero le sue aspettative:
“Sono in attesa spasmodica del 16 Luglio, non vedo l’ora di indossare l’abito di rito, tutt’ora palpito quando lo provo con la sarta che me lo sta confezionando, lo sto curando nei dettagli come ogni buon confratello fa; la maniacale attenzione per il decoro - ci hanno spiegato – è prerogativa essenziale per l’immagine stessa e per il buon nome della confraternita”!

Le accorate parole di Piero sono linfa vitale per la speranza che le nostre secolari tradizioni custodite da altrettante secolari istituzioni come le confraternite, non muoiano mai.

Perché guai a cancellare le tradizioni, e quelle religiose in particolare, poiché esse sono l’identità di un popolo, la sua memoria nel tempo, talvolta l’ancora di salvezza alla quale aggrapparsi in epoche di tempesta come la nostra. Un popolo e una città senza storia sono destinati alla rovina, all’oblio, alle barbarie culturali di un idiosincratico e cieco modernismo e il noviziato delle confraternite con la sua “educazione” alla tradizione religiosa e popolare è l’avamposto contro l’ignoranza della distruzione identitaria.

Tutto ciò l’Arciconfraternita del Carmine l’ha capito molto bene e spende tutte le sue energie e le sue migliori capacità nella formazione dei novizi, che si spera saranno un domani ottimi confratelli e ottime consorelle, nonché e soprattutto dei buoni Cristiani.