giovedì 9 gennaio 2014

Salvatore Pace

Inutile negarlo, l’abito di rito della nostra Arciconfraternita è, per dignità e fattura, uno tra i più belli in assoluto.

Sarà la completezza dovuta allo Scapolare che, a differenza dagli altri abiti, riempie il bianco del camice e soprattutto lega cromaticamente in maniera perfetta con il color crema della mozzetta , sarà per il ricco ma discreto Rosario che ogni confratello cura maniacalmente nelle decorazioni e nella manutenzione e che produce quel suono melodioso per le nostre orecchie, sarà per il cappello, tanto nobile quanto perfetto nella sua nastratura azzurra che richiama le scritte impresse sullo Scapolare, insomma sarà per tutti questi particolari, e per altri, che la vestizione di ogni confratello nel nostro Oratorio, anche per partecipare ad una funzione settimanale come la Messa Sociale del sabato sera, diventa un Rito …diventa una situazione da “vivere” non da assolvere in maniera meccanica, essa infatti è sempre un’emozione nuova.

Molte volte, tante oramai, ho indossato nei nostri saloni l’abito di Rito, tante Processioni della nostra Titolare da quel lontano 1987, tante Processioni cosiddette “Gloriose” , tante Processioni dei Misteri e tante volte l’ho indossato per partecipare al Pellegrinaggio del Giovedì Santo, ogni volta è una sensazione di gioia anche oggi che “ragazzino” più non sono, una frenetica maniacalità che incomincia da casa, quando tirato fuori l’abito dall’armadio lo osservo, lo accarezzo, lo annuso, si, lo annuso , perché l’odore della mozzetta, della lana color crema, stirata perfettamente e custodita nel suo porta abiti è un odore particolare che solo noi sappiamo e che, "sarà suggestione?", cambia a seconda del periodo in cui la indossiamo.

La valigia, la vecchia valigia, viene poggiata sul letto e all’interno controllo che tutto sia al suo posto anche se so che sarà così, lo scapolare è perfettamente piegato,ci sono i cappucci ed eccoli là  i guanti, quelli in stoffa e quelli in pelle, accarezzo quelli che sono stati con me la prima volta sotto un Simbolo straordinario in una lontana notte altrettanto straordinaria e che saranno sempre lì pronti a ricordarmela, poi le cinte in cuoio, le fettucce, il sacchettino con le spille da balia, le forbicine, gli Abitini di luglio, alcuni di loro ancora con il biglietto della consumazione al Bar Colombo e poi un sacchetto in pelle, apro delicatamente la cerniera e tiro fuori il Rosario, e in quel momento ecco mille spilli sulla testa, brividi, pelle d’oca… quel tintinnare di medaglie di quel Rosario antico che tanti decenni fa accompagnò un confratello nelle sue Processioni e che oggi, dopo averlo casualmente ritrovato, “coccolato” e manutenzionato, accompagna me nelle stesse strade e negli stessi movimenti, mi provoca rispetto, commozione ed emozioni che pochi, solo noi felici pochi, possiamo comprendere.

Assodato che tutto è lì al suo posto si passa al camice, lavato e stirato da una lavanderia sapiente e fidata, ma che necessita, a mio avviso sempre e comunque, di una stiratura supplementare, perfezionista, che io chiamo "di completamento", il camice necessita infatti di quella stiratura che, dopo quella asettica di mani estranee, può darti solo la mano di una donna, madre, compagna o sorella che sia, che ama quelle stoffe, che ama chi le indosserà e che anche una piega o una grinza la cancellerà con la forza del cuore più che con quella del braccio.

La solita gruccia, poichè un po’ di “scaramanzia” non guasta e Gesù non ce ne vorrà, il solito copri abiti in cui riporlo e anche il camice è pronto.

A me, quindi, capita, avviandomi alla macchina, o scendendone per fare la strada che mi separa dalla nostra Chiesa, di camminare orgoglioso, di sentirmi fiero tra la gente di quello che sto andando a fare, perché io in quel Decoro del Carmelo ci credo veramente e mi faccio mille domande, “chissà se quel signore con il cagnolino sarà in Chiesa stasera e avrà piacere a riconoscermi”, “chissà se quel ragazzo, in quella coppia innamorata giovanissima, un giorno vestirà il nostro abito?”, “chissà se quella signora dallo sguardo triste oggi in Processione pregherà per un suo congiunto, magari tanto malato, incrociando il mio sguardo?”… e mi sento parte della mia città, di ciò che bello esprime la mia città, convinto che se la signora dallo sguardo triste, tra le lacrime, potrà affidare il suo dolore alla Mamma Nostra, o a Nostro Signore il merito, quel giorno, sarà anche un po’ mio.

Giunto nei saloni, o meglio, nel salone a terzo piano (..ognuno ha nel suo cuore il posto per cambiarsi..), si indossa l’abito con la cura di sempre, il camice che il tuo compagno ti aiuta a tenere tirato sul davanti aggiustandoti le pieghe sul retro, lo scapolare fermato con mille accortezze, “cunossia se ne scenne”, cinta stretta con cura, cinghia in cuoio che scenda a piombo e il Rosario che sia all’altezza giusta perché sulla coscia o sulle caviglie non sta proprio bene, “si combà un po’ più alto, spostalo un po’ più a destra, ecco così, nà , peppiacer, mitt a fettuccia” ..poi c'è lo specchio davanti al quale viene indossata la mozzetta e, a seconda del momento, sistemato o meno il cappello, dopo che l’esperto amico fraterno ti avrà curato il cappuccio e le sue pieghe.

Inutile soffermarsi sulle scarpe che ci sono o non ci sono a seconda del periodo, non perché siamo “stuedk o fratell du’ Carmn” ma perché voi, fratelli miei, soprattutto oggi , volete sentir parlare di piedi scalzi e allora ..glisso.. evito l’argomento tanto le scarpe sappiamo tutti quando vanno messe e come vanno messe…

Poi ci sono le scale da scendere , ripide, più ripide con l’abito indossato e, terminate le scale, la Sacrestia ..da lì inizia il Rito ..la funzione..la Messa..la Processione e le sensazioni sono milioni, ognuno ha le sue..ognuno ha le sue motivazioni, ognuno di noi ha il suo modo di viverle..ognuno di noi sa perché le vive..ma questa è un’altra storia.

..P.S….
Al termine di questo excursus sulla preparazione dell’abito e sulla vestizione vorrei proporvi una riflessione che, per forza di cose ci riporta alla Settimana Santa:
Indossare l’abito di Rito è meraviglioso sempre, potrei risultare banale e scontato a ripeterlo, ma provate in una sera di Settimana Santa a “vestire” il vostro migliore amico, che sia Troccolante o che porti una “posta” poco importa, scendete con lui quelle scale e scortatelo durante la Processione, vivete ogni singola marcia al suo fianco, piangete con lui quando il pathos del momento sarà più intenso, sorridete con lui quando, naturalmente, la concentrazione, complice la stanchezza sarà un po’ calata, e siate al suo fianco durante l’ultima marcia quando con quel simbolo farà rientro in chiesa.
Quando farete ritorno a casa, dopo averlo aiutato a svestirsi dell’abito, sarà come se aveste fatto proprio voi la Processione, come se vi foste “nazzicati “ voi, sarete soddisfatti ugualmente, sarete contenti in prima persona, ecco la magia del nostro Abito, del nostro Scapolare, delle nostre mozzette…anche se non li indossiamo direttamente ci trasmettono l’amore per le nostre cose, trasudano di emozioni, allontanano le normali, terrene, invidie e gelosie, a me è capitato e vi auguro fratelli miei che tutti voi possiate provare questa gioia e queste sensazioni .

DECOR